Gillo Dorfles e Donato Di Zio al Festival della Creatività, cinema Odeon, Firenze, 2010
Una narrazione criptica
Gillo Dorfles
La lunga ricerca di Donato Di Zio – pittore ma anche scenografo, grafico, costumista – è volta soprattutto al raggiungimento di quella che potremmo definire un’ autonoma entità grafica che, partendo da quelli che erano soltanto dei grovigli di segni tracciati con l’inchiostro di china, si sono man mano trasformati in tracciati più complessi, in veri e propri arabeschi, fino ad acquistare una sorta di valenza globale adattabile alla decorazione di oggetti come alla costruzione di sagome a sè stanti e persino di embrionali figurazioni che mantengono la loro identità segnica pur sconfinando talvolta verso orizzonti “narrativi” di cui non possiamo prevedere la sorte.
Quella odierna costituisce in definitiva una narrazione criptica, che consiste nelle fugaci levitazioni di forme ameboidi fino a giungere a vere e proprie strutture in sé conchiuse. Come si può ben constatare in questa grande mostra antologica presso lo spazio museale Ex Aurum di Pescara, le immagini che ho brevemente ricordato sono state già utilizzate in molti distretti tra i più vari, dalle tazzine di caffé ai piatti di ceramica e dimostrano come gli embrioni formali dell’artista abbiano una loro autonoma vitalità. La natura di queste strutture è di solito quella del vortice, del ghirigoro, del groviglio, ma anche dell’occhio o di qualche altro elemento organico i quali - per chi conosca le significazioni psicologiche svelate dal noto Test di Rorschach nell’interpretazione delle macchie – sveleranno subito la loro origine organica e probabilmente i loro significati morbosi.
Di Zio, così, è riuscito a realizzare un effettivo ed efficace “segno iconico” che riveste le caratteristiche di una peculiare identità grafica attraverso la quale l’artista costituisce a seconda dei casi quelle sagome che vengono a colmare gli spazi ancora beanti, tanto se si tratti di oggetti domestici, quanto addirittura di strutture urbane come in alcune aree fiorentine delle quali viene presentato un progetto.
In un periodo come l’attuale dove ogni ornamentazione appare sin dall’inizio sospetta (Ornament und Verbrechen: diceva Loos), Di Zio dovrà fare molta attenzione a mantenere la sua “vis creativa” entro i limiti che già si è autoimposti, e allora avrà dimostrato che non sempre l’ornamento è un “tradimento”, ma che può rappresentare ancora oggi uno dei più potenti mezzi espressivi.