Nel diario di un percorso tra arte e professione
di: Annamaria Cirillo
Giovane artista emergente, di tendenza e valenza contemporanea internazionale, Donato Di Zio, abruzzese di origine, nato nel 1970 a Moscufo (Pescara), trae molteplici matrici di formazione artistica già dai suoi primi studi al Liceo Artistico di Pescara.
Personalità di polivalente sensismo, dall’istinto naturale a captare e assorbire nell’interiorità tutti gli stimoli creativi ed emozionali offerti dal vissuto dell’ambiente culturale, lo studente Di Zio oltrepassa subito, determinato e discreto, il mero apprendimento scolastico.
Ne sono presupposti il rapporto umano e l’insegnamento validissimo di varie discipline artistiche da parte di alcuni docenti, oggi artisti molto noti, operanti a livello nazionale e internazionale, quali Ettore Spalletti, Franco Summa, Elio Di Blasio, Angelo Colangelo, Sandro Visca, Alfredo Del Greco (quest’ultimo prematuramente scomparso) e Albano Paolinelli (che gli trasmette un grande interesse per la scenografia), i quali stimolano in lui il forte desiderio di una maggiore conoscenza della loro arte, anche tramite una frequentazione assidua dei loro atelier.
Quello del professore Duccio Gammelli, ad esempio, è stato in quegli anni un punto d’incontro e riferimento per la maggior parte degli studenti del Liceo Artistico di Pescara, e lo studio-laboratorio a Spoltore (Pescara) del maestro Elio Di Blasio, artista informale dalla grande personalità, ha costituito, fino all’ultimo anno della sua vita (2004), un vero polo di richiamo e confronto all’insegna di una grande arte per tutto il mondo artistico e culturale abruzzese e per i tanti giovani pittori emergenti.
Donato Di Zio, specie nell’ultimo quinquennio, ha frequentato assiduamente questo grande artista, attratto dalla sua amichevole franchezza e da quelle tante valenze dell’arte informale che vanno oltre il presupposto del colore.
Ma particolarmente incisiva è stata la sua vicinanza al grande Alfredo Del Greco, che durante il periodo liceale era solito accoglierlo nel suo studio per pomeriggi interi, a dissertare d’arte e di vita, di tecniche operative e di psicologie esistenziali, a girare quasi senza spazio tra le tante tele ammassate ovunque, profonde immagini che colpivano Donato da ogni angolo e che egli vivamente ricorda perché “gli invadevano l’occhio e l’anima” in una emozione che non dimenticherà mai.
Egli la rivive sfogliando talora le pagine di un libro di poesie, custodito con cura dai tempi della scuola, dal titolo La decenza di vivere, donatogli dall’autrice, professoressa Sandra Cetrullo, le cui pagine, dense di giovanili e poetiche rime esistenziali, riportano anche immagini di opere dalla grande carica emotiva che l’artista Alfredo Del Greco aveva appositamente realizzato per quella pubblicazione.
Si sottolinea quanto in esse, pur riportate in bianco e nero, sia coinvolgente, e neppure minimamente offuscata, l’intensa espressività psichica degli sguardi e dei volti disegnati.
Nasce anche da questi incontri emozionali, fissati in un tracciato intimo della memoria, il prepotente, interiore e primario interesse di Donato Di Zio per l’arte, come pure la sua salda dedizione allo studio e a quel metodo di apprendimento elaborato “nell’andare fino in fondo all’essenza delle cose”, alimentandone le sensazioni, la conoscenza diretta e, quando possibile, anche la sperimentazione personale: metodo che oggi caratterizza vari aspetti della sua professionalità.
Donato Di Zio inizia a disegnare giovanissimo e, dopo varie sperimentazioni, nel 1986 giunge a elaborare con tecniche a inchiostro, rapidograph e china su carta pregiata percorsi tematici in bianco e nero all’interno di intime suggestioni recepite dal mondo contemporaneo, in una ricerca figurale-informale di particolare identità.
Già da tali prime opere, come accennato, si enuncia e particolarmente si evidenzia il netto distacco del giovane artista dalla consuetudine di un linguaggio di iniziazione prettamente scolastico-accademico, e anche ogni tecnica di realizzazione, pur scolasticamente appresa, è da lui messa in atto in stretta sintonia con la propria creatività istintuale e identitaria, che forma le basi primarie del proprio personalissimo linguaggio espressivo.
Donato Di Zio frequenta puntualmente ogni valida mostra pittorica, in specie quelle tenute a Pescara in quegli anni (1985-88) che più si pongono come eventi espositivi di ricerca e tendenza internazionale, quali le mostre di Turcato, Dorazio, Dottori, Di Prinzio e Summa (del quale egli confida di conservare gelosamente lo spendido volume La città della memoria, Edizioni Mazzotta, che riporta le foto di coloratissimi interventi operati dall’artista all’interno della città).
Anni di formazione, di belle amicizie e grandi partenze quelli del liceo, convissuti tra amici e compagni di studi, in un confronto di idee e di passioni.
L’artista ben ricorda Giovanni Di Tonno (ora in arte Giò Di Tonno, vincitore nel 2008, insieme a Lola Ponce, del Festival di Sanremo), un ragazzo dai chiari occhi lucenti, a tratti timido dietro i suoi occhiali tondi, uno studente che oltre a saper disegnare aveva il dono del canto e della musica e si esibiva spesso, suonando e cantando con altri ragazzi, anche all’interno della palestra del liceo.
Poi le strade si separano, talora in percorsi diversi, ma come in questo caso paralleli ed egualmente intensi, votati alla comune meta dell’arte.
Conseguito il diploma al Liceo Artistico di Pescara, Donato Di Zio prosegue gli studi iscrivendosi, nella sezione di Scenografia, all’Accademia di Belle Arti di Urbino, cittadina ampiamente sprovincializzata nella quale si trasferisce e che gli permette una frequentazione culturale di più ampio respiro, dalla quale poter assorbire tutti gli elementi e le valenze ancora mancanti alla sua formazione e alla sua visuale artistica.
Tale apprendimento lo porta allo studio attento tanto dell’arte del passato quanto dell’arte moderna e contemporanea, in qualunque modo si evidenzino alla sua costante ricerca interiorizzata.
Inizia ad applicarsi anche alla grafica e soprattutto all’incisione (alla quale sente di essere particolarmente incline), si incuriosisce a tutte le esteriorizzazioni espressive dell’arte, finanche a quell’intrigante geometrismo composito di grande estensione (frattali) che ancor oggi va comparendo un po’ dovunque, misteriosamente, sui campi di grano di tante parti del mondo.
E poi l’interesse per i grandi disegni figurali tracciati a terra, come ad esempio quello del Gran colibrì realizzato con una linea continua di 95 metri sul suolo desertico della pampa di Palpa, nella valle di Ica a San José, in Perù, che per la sua natura totemica può forse essere messo in relazione ai riti propiziatori dell’arte nazca (tra III e IX secolo).
E altrettanta attrazione per altri disegni di enormi dimensioni sullo stesso suolo, forse riferibili a un arcaico calendario astronomico. Senso e mistero del tempo che si ritrova talora nell’atmosfera sacrale e religiosa di molte opere di Donato Di Zio, dove la spiritualità regna accomunando a sé il mistero della vita stessa.
Gli artisti più amati da Di Zio sono Will Bradley e Maurits Cornelis Escher, ma legami artistici molto forti sussistono con le opere di Henri Matisse e con i nuovi valori formali dell’astrattismo di Wassily Kandinsky.
È anche attratto dalla ricchezza delle surreali suggestioni fantastiche di Joan Miró, dai concetti spaziali di Lucio Fontana e dalle animate sculture metalliche di Alexander Calder, come pure da varie e specifiche valenze artistiche che si evidenziano nelle opere di numerosi protagonisti dell’arte contemporanea internazionale.
Nel 1997 espone alcune sue opere, frutto di una ricerca particolarmente interiorizzata, in una mostra personale dall’esplicito titolo Ricerca della spiritualità, allestita presso la sede della casa editrice Tinari a Bucchianico (Chieti). Le opere esposte, tra cui Presagio, Jesus e Pensiero in attesa, realizzate con inchiostro di china su carta pregiata, presentano una forte e intimistica connotazione figurativa e denotano una geniale maestria del segno e della composizione: valenze che saranno oggetto di un giudizio di apprezzamento da parte del professore Gillo Dorfles in una lettera inviata all’artista nel 2003.
Nel 1997 Donato Di Zio si dedica anche alla collaborazione con diverse case editrici d’Abruzzo realizzando disegni per varie pubblicazioni tra cui, per le edizioni Tinari, Il Settecento a Scerni (1997) e Il catasto onciario di Pretoro (1998); una sua opera dal titolo Presenza discreta fuoriscena (1994) è riprodotta sulla copertina del libro di poesie Dicta nocturna di Francesco Di Rocco, pubblicato dalla casa editrice Noubs (Chieti) di Massimo Pamio.
Ma le tante esperienze che a ritmo veloce si susseguono come scenografo e costumista lo coinvolgono sempre di più conducendolo a un percorso professionale altamente formativo, ma per certi versi molto impegnativo e faticoso per un giovane di ventotto anni, che lavora a pieno ritmo. Ne consegue che egli si trova sempre più costretto a contenere i tempi da dedicare all’arte, che istintivamente vive come esigenza primaria, espressa dapprima in opere in bianco e nero che traggono la creatività del suo segno-disegno da una sommersa, oscura profondità interiore.
Ma Donato non tralascia nessuna possibilità di futura conoscenza e approfondimento dell’arte che anche occasionalmente gli si presenti, come mostre, visite ai grandi musei in Italia e all’estero, conoscenza e frequentazione degli artisti e soprattutto studio di testi d’arte e storia dell’arte, anche se rinuncia per il momento a progetti espositivi delle proprie opere, diluendo la produzione artistica nel tempo necessario per poterla meglio elaborare nell’infinito “pelago” di sollecitazioni creative che ne sono nutrizione e contenimento.
Questo nell’intento di riunire in futuro parte delle opere via via realizzate per esporle in un’unica grande mostra che tutte le contenga narrando il suo percorso, un compromesso ben attuato che può considerarsi altamente positivo alla luce dell’esposizione di ben 108 opere scelte e prodotte tra il 1995 e il 2005, siglate in catalogo dallo storico e critico d’arte Gillo Dorfles, curatore della mostra Donato Di Zio. Dentro al pelago tenuta dal 15 febbraio al 2 marzo 2006 presso il Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna di Pescara.
Tale decisione permette al giovane Donato Di Zio di dedicare molto più tempo al suo lavoro e di aprire tutte le porte alle allargate esperienze di un’attività professionale che cresce rapidamente ed è amata, ma che è anche da consolidare con un impegno costante e tanta fatica, pur sempre proficua di valide esperienze di vita.
Un vissuto che porta l’artista a tessere e conservare conoscenze e amicizie anche con grandi attori e cantanti lirici, proseguendo negli anni successivi la sua collaborazione (iniziata nel 1992 e portata avanti sino al ’98) con l’Ente Teatrale Arena Sferisterio di Macerata.
Da questa scelta si snoda tutto il suo percorso artistico-professionale che si sviluppa e intreccia all’insegna del trasferimento e della molteplicità, un po’ dove lo porta il cuore, un po’ dove lo porta il caso o la necessità. In meno di un decennio, tra Pescara, Urbino, Macerata, Perugia, Jesi, Bologna, Roma, Firenze e poi di nuovo Pescara, si tesse la sua fittissima rete di impegni e “vocazioni”.
Con ritmo incessante firma scenografie per spettacoli teatrali e lavora quale assistente alle scene e ai costumi di numerose opere teatrali e musicals, nonché assistente alla scenografia anche nell’ambito cinematografico.
Nel tracciare il profilo di tanto percorso è da riconoscere come fondamentale il suo trasferimento da Macerata a Bologna, dove nel ’96 collabora con il Teatro Comunale, per poi tornare a Macerata e quindi a Firenze.
Continua intanto a intensificarsi sempre più il lavoro professionale di scenografo e costumista che, come detto, talora lo impegna anche contemporaneamente per due diverse produzioni teatrali, come avviene nel ’99 per la messa in scena, al Teatro Comunale Cesare Caporali di Panicale (Perugia), dell’opera barocca Il trespolo tutore di Alessandro Stradella con l’orchestra Accademia degli Unisoni e la regia di Vera Bertinetti, mentre nel contempo Di Zio realizza le scene per l’opera lirica Livietta e Tracollo, ossia La contadina astuta di Giovanni Battista Pergolesi al Teatro Pergolesi di Jesi, sempre con la regia di Vera Bertinetti.
E nello stesso periodo, firma le scene per La serva padrona di Pergolesi al Teatro Torti di Bevagna (Umbria).
Le sue esperienze professionali lo conducono inoltre, sempre nel 1999, a Bologna per la collaborare all’allestimento di una mostra, curata da Steve Almerighi, di ricchi e storici costumi teatrali, indossati nei tempi passati dalle più famose cantanti liriche del mondo, tra cui Maria Callas.
Un periodo intenso, dedicato al teatro lirico, che si protrarrà a lungo, estendendosi talora contemporaneamente a Macerata e a Firenze.
In quest’ultima città d’arte si rafforza e amplifica la sua formazione culturale, gratificata anche dall’assidua e amichevole frequentazione del maestro Sergio Scatizzi, noto e affermato artista il quale, in lunghe conversazioni che durano pomeriggi interi, lo rende partecipe del proprio profondo rapporto di stima con il noto critico d’arte Carlo Ludovico Ragghianti e con Alfonso Gatto, e anche del proprio interagire con artisti “storici” quali Ottone Rosai e Nino Tirinnanzi, ma che soprattutto gli testimonia e narra tutti i “mitici” avvenimenti della propria esperienza parigina vissuta in gioventù.
Una completa e diretta comunicazione che gli trasmette la conoscenza approfondita dell’ambiente culturale e dell’arte fiorentina e toscana, antica e contemporanea, insegnamento di cui l’artista sarà sempre grato al maestro.
Ancora nel 1999, riavvicinandosi per un breve periodo alla sua regione, accetta di partecipare alla mostra d’arte contemporanea La corsa - What’s new a Miglianico (Chieti).
Ma subito dopo, nel 2000, Donato Di Zio avvia a Roma un’importante collaborazione con la compagnia del Teatro Argot come assistente alle scene e ai costumi, sotto la regia di Maurizio Panici, per tre successive produzioni di prosa: La locandiera di Goldoni (con Pamela Villoresi, Massimo Wertmuller e Renato Scarpa, scene e costumi a firma di Aldo Buti), Storie da bar (di F. Carena, con Rolando Ravello), e poi Lilion di Molnar (con Massimo Venturiello e Fiorella Rubino), di cui si ricorda il memorabile successo riscosso al debutto presso il Teatro Romano di Taormina.
E, sempre nel 2000, torna a collaborare con il Teatro Argot di Roma firmando le scene e i costumi per il Macbeth di Shakespeare, con la regia di Antonio Latella.
Molto particolare e innovativa l’ambientazione scenografica creata per questa rappresentazione che, alla fioca luce di una candela, presenta un luogo scenico suggestivamente soffuso di un biancore inquietante in cui si individuano tre immobili corpi maschili, girati di spalle e completamente nudi, con solo una maschera dietro la nuca, le cui pose danno l’immagine delle tre streghe del Macbeth.
Il biancore totale della scena è ottenuto con oltre cento quintali di sale sparsi su tutto il palcoscenico e coprenti tutti i costumi, gli oggetti e le suppellettili che via via vengono usati nella rappresentazione.
Un fondamentale arricchimento egli trae inoltre dall’incontro con alcuni artisti contemporanei di nazionalità italiana. A Urbino infatti, nel periodo 1992-93, ha modo di ammirare le opere di Omar Galliani, insegnante di pittura all’interno dell’Accademia, che già da tempo operava da grande pittore e incisore, e ha modo di seguirne da vicino la raffinata produzione artistica di quegli anni (nel ’94 Galliani arricchisce con le sue calde opere a sanguigna, encausto e graffito su intonaco la nuova sede centrale della Banca Caripe di Pescara (per merito della determinata scelta dello Studio Calcografico Urbino di Pescara, incaricato della direzione artistica dei lavori).
Donato Di Zio, durante i suoi vari periodi di permanenza in questa città, ha occasione di conoscere personalmente Luigi Giannotti e, sia pur in maniera sporadica, di visitare con grande interesse il suo studio calcografico di viale Bovio.
Rilevante è infatti il ruolo di polo culturale (di riferimento nazionale) delle arti grafiche svolto a Pescara già dal 1980 dallo Studio Calcografico Urbino, nato per merito di Luigi Giannotti (prematuramente scomparso nel 2000), abile stampatore e docente dell’Istituto Statale d’Arte di Pescara, e di sua moglie Marina Giordani, consulente di pregevoli eventi d’arte, organizzatrice di corsi di incisione e attualmente dedita anche alla progettazione grafica e all’editoria d’arte: a tale riguardo si segnala la recente pubblicazione del libro Segni, edito in omaggio a Bruno Munari nel centenario dalla nascita (2007), artista che Donato Di Zio ha avuto modo di conoscere e frequentare essendo stato suo allievo nel ’94, come si dirà in seguito.
Lo Studio Calcografico Urbino vanta a tutt’oggi una intensa collaborazione con moltissimi grandi maestri, tra cui Alberto Burri, Bruno Munari, Piero Dorazio, Omar Galliani, Walter Valentini e anche giovani artisti emergenti.
Già nei primi anni degli studi accademici è da premettere che in Donato Di Zio, all’amore per la pittura e la calcografia, si affianca quello per il palcoscenico, entrato nella sua vita anche con l’interesse per brevi esperienze giovanili in piccoli ruoli teatrali e interazioni da comparsa, e successivamente con la prima collaborazione, nel ’92, con l’Ente Teatrale Arena Sferisterio di Macerata.
Questo iniziale contatto con il teatro già lo porta di prepotenza nel vivo di un privilegiato vissuto relazionale, cercato e immediatamente ottenuto, con grandi scenografi, registi e costumisti.
Nel 1993 Donato Di Zio si trasferisce a Macerata, dove prosegue gli studi all’Accademia di Belle Arti, sezione di Scenografia, e dove ha modo di ampliare e approfondire, oltre alle esperienze professionali, anche quelle artistiche-pittoriche, che nello stesso anno ’93 lo portano a essere selezionato per partecipare all’importante mostra collettiva Sei giovani artisti in cerca di spazio, tenuta nella Sala della Provincia di Macerata con presentazione e testo critico del professore Stefano Chiodi.
Nel 1994 frequenta anche corsi universitari supplementari indetti dall’Accademia, come quello sullo “Studio del design, dell’oggetto in sé e della sua funzionalità”, tenuto dal grande designer, scultore, pittore e grafico milanese Bruno Munari, uno dei più significativi rappresentanti dell’“arte programmata”, da lui presentata per la prima volta nel 1962 in una mostra da lui stesso organizzata a Roma.
Sulla scia della sentita partecipazione a tale ricerca-indagine sull’oggetto in sé, Di Zio non tralascia di visitare le più importanti mostre della regione Marche, come quelle di Valeriano Trubbiani, Francesco Messina e Wladimiro Tulli, vicine alla suddetta ricerca.
L’occasione di tali mostre gli dà modo di conoscere e relazionarsi da vicino alle opere di grandi maestri dell’arte contemporanea italiana, che egli profondamente stima e ammira, permettendogli di conseguenza un confronto che è insieme studio, approfondimento, dinamica mentale e forte incentivo a proseguire nell’istinto della propria creatività.
Suo vivo desiderio, confiderà inoltre, è di arrivare a possedere tante opere di grandi artisti, delle quali ama circondarsi, riuscendo via via a raccogliere innumerevoli pezzi di grande prestigio, che egli colleziona con un interesse divenuto quasi necessità mentale (anche rivolta a ceramiche, porcellane e mobili moderni e d’antiquariato) in quanto, come sostiene l’artista, la spiritualità e l’essenza della vita espressa dagli oggetti ci permettono di apprezzare da vicino, e ripetutamente, l’ingegno di chi li ha realizzati.
A tanta partecipazione nei confronti dell’arte si vanno nello stesso tempo assommando le numerose esperienze teatrali vissute come assistente scenografo nella prosa, che conducono l’interesse giovanile di Donato Di Zio anche verso l’entusiasmante collaborazione con il cinema e il cortometraggio d’autore.
Nel 1995 egli inizia infatti a operare anche nell’ambito cinematografico, come assistente alla scenografia nel film Per caso di Giuseppe Conti, e da tale esperienza si dirama poi una fitta rete di eventi. Nel ’96 firma le scene per il video-cortometraggio La canzone di Betty, con la regia di Andrea Baldassarre, per il quale elabora un’ambientazione scenica d’atmosfera surreale e onirica, tutta sperimentata sulla predominanza del colore rosso e di superfici specchianti.Nel 1996 si diploma con 110 e lode all’Accademia di Belle Arti di Macerata, sezione di Scenografia, presentando una tesi su Samuel Beckett e il teatro dell’assurdo nella quale elabora un parallelo tra Beckett, Francis Bacon e i propri progetti.
Questa infatti si anima, sotto la fioca luce di candela, quando lentamente i tre attori interpreti (Danilo Nigrelli, Gerry Mastrodomenico e Paolo Giovannucci) iniziano la recitazione muovendosi nella penombra per recuperare le vesti nascoste sotto lo strato di sale del palcoscenico, dando poi vita all’intera performance.
Questa scena iniziale crea un forte impatto emozionale col pubblico e, nella sua inquietante e surreale visione, riconducibile ad altre opere di Shakespeare, riesce a creare un unico linguaggio artistico, non separando l’arte dal teatro o viceversa.
A Roma, sempre nel 2000, l’artista firma i costumi per la commedia musicale Arda Viraf Namag (tratta da un antico testo persiano in versetti arabi), di produzione CST - Teatro di Roma, opera presentata per la prima volta in Italia con la regia di Shahroo Kheradmand al Teatro Romano di Ostia Antica.
Nel 2001 Donato Di Zio da Roma torna a Firenze, richiesto come scenografo e costumista dalla giovane compagnia Teatro dell’Istante, con la quale collabora (con la regia di Stefano Mascagni) a Spunti d’amore e morte per l’Istituto Francese di Firenze (tratti da La malattia della morte), e a Agatha di Marguerite Duras; entrambi gli spettacoli vengono poi rappresentati, sempre a Firenze, al Teatro di Rifredi, diretto da A. Savelli.
Collabora quindi alla produzione di Margine offeso, uno spettacolo incentrato su testi di poesie di Alda Merini e Amelia Rosselli, sempre con la compagnia Teatro dell’Istante, per l’Associazione culturale “Giardino dei Ciliegi” di Firenze.
Nel 2001 inizia anche una collaborazione con il Teatro Stabile d’Innovazione Florian Proposta di Pescara firmando i costumi in occasione della terza edizione de Il fiume e la memoria... e la città, che in quell’edizione propone in programma il recital Dalla Pescara, sulla riva del fiume risuona la voce dei poeti, sotto la direzione artistica di Milo Vallone e la regia di Giulia Basel e Gian Marco Montesano: un evento culturale importante ed evocativo, teso a riscoprire l’identità storica e letteraria della città di Pescara attraverso la lettura di testi di Gabriele d’Annunzio ed Ennio Flaiano, sottolineati da musiche di Francesco Paolo Tosti, Claude Debussy e Richard Wagner.
Nel 2002 Donato Di Zio intensifica la sua produzione artistica per una particolare ricerca di maggiore sintesi figurale-introspettiva, producendo nuove opere.
Una di queste viene esposta in sede permanente presso il Museo Internazionale di Mail Art all’Aquila a cura del critico d’arte Leo Strozzieri.
Successivamente firma i costumi per lo spettacolo Hansel e Gretel prodotto da Florian Proposta con la regia di Mario Fracassi, e nel 2003 torna a collaborare con Florian Proposta - Teatro Contemporaneo per la rappresentazione di Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello, regia di Walter Manfrè, con Massimo Vellaccio e Giulia Basel; e nello stesso anno, rinunciando al proprio compenso, firma i costumi per il balletto Dedalo, presentato al Teatro Circus di Pescara con coreografie di Robert North e Paolo Londi, musiche di Antonio Cericola.
Allo spettacolo, organizzato in occasione dell’“Anno del disabile”, con il ricavato devoluto in beneficenza, partecipa Maria Teresa Ruta come madrina della serata.
All’interno poi della rassegna Primo tempo, nel giugno 2003, l’artista firma le scene e i costumi per la rappresentazione di Aspettando Godot, prodotto da Florian Proposta di Pescara con la regia di Umberto Marchesani.
Sempre nello stesso anno firma le scene e i costumi per lo spettacolo Tracce, prodotto dalla compagnia Catalyst (che debutta in dicembre al Teatro Puccini di Firenze sotto la regia del giovane Riccardo Rombi) e torna a collaborare nell’ambito cinematografico firmando i costumi e il trucco per il cortometraggio Sei quello che mangi, prodotto da Florian Proposta; le scene portano invece la firma di Albano Paolinelli, artista già conosciuto e stimato, carismatico insegnante del Liceo Artistico di Pescara.
Con piacevole sorpresa nel 2004 Donato Di Zio incontra nuovamente il professor Paolinelli che in qualità di scenografo sta operando alla realizzazione del corto L’acqua della gente felice, mentre Di Zio vi collabora in qualità di costumista.
Il corto, prodotto per conto dell’agenzia pubblicitaria Zemrude di Pescara, per la regia di Giacomo Di Niro, ha come interpreti Lucio Dalla, Eugenio Bennato e Antonio Catania.
Nel marzo 2005 l’artista firma le scene dell’opera lirica Pimpinone di Tomaso Albinoni, regia di Marco Bellusi, con l’orchestra Symphonia Perusina, e successivamente crea le scene per l’opera lirica L’amfiparnaso di Orazio Vecchi, con la regia di Marco Bellussi e l’orchestra Florilegio Musicale diretta da Gabriella Agosti. Subito dopo, nel settembre 2005, disegna le scene per L’avaro di Molière, presentato al Teatro Caporali di Panicale (PG) con la regia di Virgilio Bianconi.
E, sempre a settembre, una sua opera dal titolo Francesco e povertà (Perdita del corpo ricerca dell’anima), del 2004, entra a far parte di un’esposizione permanente alla Pinacoteca Internazionale Francescana di Falconara Marittima.
Per la notorietà acquisita nel corso dei suoi tanti interventi sulle tavole di palcoscenico di tanti teatri, Di Zio viene invitato a collaborare come “stilista” in concorsi di bellezza tenuti a Pescara, come Fantastica turista; all’interno di quella serata tra amici realizza un momento di spettacolo creando all’istante i costumi con pochi scampoli di tessuto e spilli, attingendo l’ideazione unicamente dalla propria istintiva creatività e abilità manuale, dando vita in pochissimi minuti ad abiti eleganti e fascinosi che suscitano grande stupore nel pubblico, esaltando la naturale sensualità e bellezza delle ragazze in gara.
Tali serate vengono riprese da note emittenti abruzzesi e in molte occasioni l’artista è anche invitato come ospite in programmi televisivi come Il salotto di Elio Lamparelli e Linea sport di Americo Carissimo, ad argomentare d’arte e cultura insieme a note personalità.
Il suo legame con l’arte torna poi subito a ricomporsi e infatti prende parte alla mostra collettiva di beneficenza Siamo con voi - Artisti abruzzesi per le vittime dello tsunami, su progetto dell’Associazione Culturale Marco Di Martino, patrocinato dalla Provincia di Pescara e organizzato dall’artista Ciro Canale presso le sale espositive dello Sparts della città.
Quattro opere di Donato Di Zio vengono poi esposte in permanenza presso il Museo Mail Art Italia a Belvedere Ostrense, nelle Marche.
Nella sua terra d’Abruzzo, dal 15 febbraio al 2 marzo 2006, con una esposizione di grande richiamo, l’arte di Donato Di Zio fa completa mostra di sé con ben 108 opere al Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna a Pescara, con il patrocinio della Regione Abruzzo, del Comune di Pescara e del Comune di Moscufo, suo paese d’origine cui lo legano forti e profonde radici.
Sigla questo importante incontro col pubblico un significativo e voluminoso catalogo che riproduce le immagini di tutte le opere esposte (fotografate da Gino Di Paolo), con un prezioso testo di presentazione del grande critico e storico dell’arte Gillo Dorfles, il quale, impossibilitato a presenziare all’inaugurazione, testimoniato in un’amichevole lettera all’artista la propria vicinanza, aggiungendo la personale rassicurazione e il vivo augurio per la felice riuscita dell’evento.
Il catalogo riporta in chiusura anche la prima parte (fino al marzo 2006) di questa ormai lunga e più analitica biografia artistico-professionale che reca a margine di ogni pagina un accompagnamento visivo al testo, ricco di immagini, momenti particolari e di successo riguardanti il percorso artistico anche in ambito teatrale, con scenografie, bozzetti di scene, disegni e bozzetti di costumi di raffinata maestria, foto di momenti scenici di opere teatrali che costituiscono vere e proprie testimonianze storiche di un recente passato, siglato anche da foto di personaggi illustri del teatro e della lirica con i quali l’artista ha intessuto rapporti di vita e dei quali tuttora conserva un vivo ricordo e una reciproca amicizia.
Il lungo cammino di Donato Di Zio pare di certo aver raggiunto, nel 2006, l’approdo definitivo a un notevole traguardo.
Le sue 108 opere sono tutte lì, in misteriosa e lineare sequenza, a percorrere le bianche pareti delle sale del Museo Colonna di Pescara, e non solo a farsi ammirare ma ancor più a farsi riflettere... Neri pensieri vaganti e ritornanti? O in fuga nel bianco? O pensieri in attesa che stavano in fila aspettando il proprio turno e poi uno alla volta si sono fatti avanti? Forse un unico, inquieto pensiero seriale in cerca di identità, colto nelle sue varie permutazioni liberatorie, plancton fluttuante nel più profondo del suo pelago…
Certo è dal valore artistico ed espositivo di tale mostra di successo che prende avvio, per Donato Di Zio, il continuo crescendo di un percorso culturale e umano di lievitante spessore, fatto di incontri, conoscenze e studi, nonché di inviti e partecipazioni a eventi di rilievo che coniugano sempre meglio le sue amate radici abruzzesi con la formazione di una cultura artistica legata al territorio della regione Toscana, e soprattutto della città di Firenze, nella quale da gran tempo egli vive e lavora.
Nel 2007 la Società delle Belle Arti - Circolo degli Artisti - Casa di Dante di Firenze lo invita a partecipare in giugno-luglio, insieme ad altri noti artisti, alla mostra collettiva Solaria nella propria sede: Di Zio vi espone l’opera Pelagocentocinque.
Partecipa poi alla mostra sociale dal titolo Suggestioni cromatiche (dal 22 dicembre 2007 al 17 gennaio 2008), dove espone due opere dal titolo I golosi e Lussuria n. 3, ispirata alla Divina Commedia di Dante.
A merito di Donato Di Zio segue subito dopo, nell’ottobre 2007, il grande onore di entrare a far parte, come giovane artista “paiolante”, della storica Antica Compagnia del Paiolo di Firenze (che nel 2008 compirà cinquecento anni dalla sua fondazione).
In tale veste egli viene invitato a partecipare alla mostra collettiva dei nuovi artisti paiolanti tenuta nell’ottobre dello stesso anno presso la Saletta Boccuzzi di Piazza della Signoria, sede della Compagnia del Paiolo, dove vengono esposte due sue opere: Pelagoquarantotto e Pelagoquarantanove.
La mostra è presentata da Pier Francesco Listri, e nell’elenco dei partecipanti figurano, insieme a Di Zio, nomi di valenti artisti tra cui Paolo Staccioli, noto ceramista, e Giampaolo Talani, che nelle sue opere pone in evidenza il tema del viaggio, di grande vicinanza spirituale a quello di Donato Di Zio per il quale il viaggio si snoda nell’arte all’interno più profondo della psiche umana, fino a toccare l’anima.
Donato Di Zio entra così, nel 2007, a far parte di questo prestigioso e antichissimo sodalizio che, accanto a grandi maestri del passato e del presente, inserisce nuovi adepti “affratellati dal clima della tradizione artistica fiorentina e toscana”, come scrive nella lettera di benvenuto ai nuovi paiolanti il professore Listri, curatore della mostra e “paiolante d’onore”.
Nel novembre 2007 Donato Di Zio, invitato dall’Unione Cattolica Artisti Italiani (UCAI), partecipa a un’altra significativa collettiva, esponendo l’opera inedita Beatrice che guarda il sole.
La mostra, tenuta a Firenze presso la Sala Chiostrini del Convento di San Marco e presentata da Anna Maria Batignani Masieri, fa parte di un progetto di notevoli eventi culturali all’interno del convegno In attesa. In cammino che, nello stesso periodo, vede in programma un Concerto per organo e voce e una Meditazione organistica del maestro Sergio Militello (direttore dell’Istituto di Musica dell’Arcidiocesi di Firenze); entrambe le manifestazioni si svolgono presso la Basilica di San Marco di Firenze e a seguire, presso la Sala Chiostrini, si tiene un Recital di poeti e scrittori, un Incontro con gli artisti con lettura dei vari testi critici, una conversazione su Archeologia e fede a cura di Francesco Bandini, e infine la presentazione del libro Malarte del giornalista Fabrizio Borghini.
Per quanto attiene al successivo percorso dell’artista è da riconoscere la costante determinazione con cui egli continua ad ampliare sempre più il territorio delle sue ricerche e dei suoi studi, soprattutto verso nuove esperienze a lui congeniali dalle quali si sente fortemente attratto, come l’incisione, il design e gli interventi progettuali sullo spazio urbano: una vera e propria ricognizione su realtà urbane, spazi usitati e abituali del nostro tempo, antichi luoghi storici appartenenti alla memoria di un’arte del passato, tutti da rivivere e rendere nuovi nel brillante connubio con la particolarità del suo linguaggio calligrafico e la sua fantasia ideativa, il cui vario comporsi non è certo ibridazione ma creatività mai sazia di aperture interiori, anche metaforiche, e di strutturazioni segnico-mentali basate su ideologie innovative dell’ambiente.
La finalità del nostro artista è quella di non spezzare quel filo conduttore dell’arte che da sempre lega il passato al presente, e in più di far superare ogni annichilente appiattimento dell’abituale visualità urbana per condurre il cittadino a una nuova, energetica esperienza psicopercettiva che lo induca a un equilibrio rinnovato nel suo rapporto personale con l’ambiente, e di conseguenza con la vita del quotidiano.
Di Zio, su una fotografia che rappresenta Piazza della Signoria a Firenze, e ancor più su un’altra che mostra il panorama di Firenze visto da Piazzale Michelangelo (foto scattata intorno al 1890 e proveniente dal Museo di Storia della Fotografia dei Fratelli Alinari), elabora, all’interno di tali storici spazi urbani, un progetto di interventi artistici che recano il segno della propria identità ideativa; i nuovi ambienti appaiono infatti completamente elaborati dai suoi disegni che, come un tappeto ricco di armoniose evoluzioni segniche semifigurali, ricoprono interamente lo spazio pavimentale collegando l’ambiente precipuamente alla sua arte e all’identità del suo stile calligrafico.
Sia pure come progetto, storia e arte paiono, in questo caso, incontrarsi su una fotografia e farla divenire nuova arte essa stessa.
Nel 2007 Donato Di Zio partecipa anche all’importante evento del XXV Premio Firenze, promosso e organizzato dal Centro Culturale Firenze-Europa “Mario Conti”, che rende omaggio alla città di Cuernavaca e si conclude il 1° dicembre 2007 con una imponente cerimonia nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio.
L’opera dell’artista Pelagocentocinque, esposta nella sezione “Arti visive”, si impone all’attenzione della critica pur tra le tante opere dei partecipanti, ricevendo come riconoscimento l’inclusione in una mostra virtuale via Internet.
Interessante particolarità della nuova produzione di Donato Di Zio è l’elaborazione artistica di disegni esclusivi per oggetti di design in porcellana dalle linee modernissime.
Servizi da caffè e da the e soprattutto pregevoli piatti per i cui disegni l’artista, oltre al nero, utilizza il colore rosso e l’oro zecchino (come anche in recenti disegni), la cui ricercatezza e raffinatezza è resa ancor più pregiata per l’uso di un materiale così prezioso e nobile come l’oro zecchino.
I vari pezzi di tali servizi sono singole opere d’arte di piccolo formato, sulle quali anche un accennato o talora evidenziato preziosismo di estetica decorativa si muta nel registro artistico di una propria figuralità che articola un disegno minimalista sempre diverso, fluttuante in un naturale e avvolgente movimento circolatorio sul manufatto.
È una stupefacente e identitaria prerogativa dell’arte di Donato Di Zio riuscire a suscitare, pur nel ristretto ambito di una piccola superficie, quella particolare percezione ottica, di movimento e circolarità, capace di captare la suggestione di una spazialità infinita, quella misteriosa del suo immenso pelago, dove unica luce sono le sommerse luminescenze delle tenebre nel più profondo e oscuro gorgo dell’interiorità, dove l’Ego si cela.
Pure i suoi spazi creativi sono ampi e molteplici, come evidenti sono i suoi vari interessi artistici. C’è infatti da dire che, già dai tempi dell’Accademia, negli anni trascorsi a Macerata, egli si era molto interessato alle varie tecniche dell’arte incisoria; ma in quel periodo non avrebbe potuto di certo seguire legalmente il corso regolare di quegli studi specifici, né sostenere il relativo regolare esame in quanto già iscritto al corso accademico della sezione di scenografia.
Pur non avendo quindi la finalità dell’esame in sé, ma solo la ferma volontà di impossessarsi di tutte le tecniche e i segreti di tale mezzo espressivo così affine al suo linguaggio creativo, egli chiese e ottenne dalla direttrice, al tempo Paola Ballesi, il consenso per poter comunque assistere e partecipare alle lezioni teoriche e alle esperienze tecnico-pratiche, come se fosse regolarmente iscritto, riuscendo quindi ad apprendere, in un corso di valenza accademica, tutti gli insegnamenti possibili sull’arte calcografica, retto da volontà e passione per quegli studi specifici.
Discorso anche di merito, quindi, proveniente da tale connaturata predisposizione, è quello riferito alla sua recente e inedita produzione di arte incisoria, che si pone come complementare all’indagine sul segno della sua arte, evidenziando la completa e profonda espressione di sé dell’artista.
Nel 2007 Donato Di Zio ha ripreso con determinazione l’esercizio di tale arte presso la Fondazione fiorentina Il Bisonte, sede della prestigiosa Scuola Internazionale di Grafica d’Arte, un vero polo grafico di valenza internazionale che ha iniziato la propria attività nel 1959 e nel corso degli anni ha operato con artisti del calibro di Picasso, Moore, Manzù, Guttuso, Maccari, Severini, Greco, Carrà, Campigli, Scanavino, Vedova ecc.
Le incisioni su lastra di rame realizzate da Donato Di Zio all’acquaforte presso Il Bisonte (chiedendo a volte consiglio e consultandosi con i docenti della scuola, con cui ha instaurato un amichevole rapporto, quali Vincenzo Burlizzi e Manuel Ortega) saranno esposte nel 2008.
Una di queste opere, Pelagocentotrentotto del 2007, viene donata dall’artista al Centro Regionale di Riferimento per la Riabilitazione Cardiologica della Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze ed è esposta nella sala d’attesa del Centro Cardiologico dove, secondo le parole di ringraziamento inviate dal professore Fattirolli, “permetterà agli ospiti, che vi soggiorneranno per motivo di cure, di unire alla ‘rigorosità’ tecnologica dell’ospedale un elemento di immaginazione proiettato verso il mondo esterno”.
Continua poi la produzione di Di Zio legata al design.
Già attuata in parte su servizi in porcellana, con la collaborazione tecnico-esecutiva dell’artista pescarese Duccio Gammelli, si avvale attualmente anche della collaborazione di Gabriele Delle Monache.
Esperto in design, grafica, comunicazione ed eventi espossitivi (tra cui la Biennale d’arte “Città di Penne”), dal 2007 anche responsabile di Cogecstre Edizioni, già dal 1990 Delle Monache si dedica alla stampa serigrafica e dal 1998 in particolare alla stampa d’arte su ceramica, avendo messo a punto la specifica tecnica del “materico ceramico” in stretto contatto con Fernando Di Nicola (recentemente scomparso), carismatico insegnante e artista che è stato il più valido esponente dell’Arazzeria Pennese d’Abruzzo, affermatasi a livello internazionale.
Dall’UCAI, Sezione di Firenze, Donato Di Zio è invitato a partecipare all’evento Spiritualità a Firenze (articolato in mostra e convegno), con artisti selezionati a livello internazionale a cura di Anna Maria Batignani Masieri, tenuta presso il Convento di San Marco a Firenze.
Si può dunque affermare che dal 2006 ad oggi Di Zio si è dedicato a un appassionato continuum della sua già corposa e varia produzione, approfondendo ed evidenziando i vari aspetti delle sue ricerche e dei suoi così vari interessi artistici.
Eccelle, nel percorso dell’artista, l’attuale mostra antologica ospitata negli spazi museali della struttura Ex Aurum di Pescara da Domenica 6 Febbraio aDomenica 27 Marzo 2011, dove sono esposte opere (anche inedita) a partire dagli anni giovanili fino a oggi, così come nella precedente mostra personale tenuta nel Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna a Pescara nel 2006.
Anche questa mostra antologica, come si è detto, è curata da Gillo Dorfles, e così pure l’allestimento e il nuovo catalogo che riporta nuove importanti testimonianze critiche di eminenti e illustri personalità del mondo culturale, nonché nuovi testi critici e questo aggiornato Diario di un percorso tra arte e professione.
Quella che seguirà sarà una lunga e bella storia d’arte ancora da scrivere...........
Giovane artista emergente, di tendenza e valenza contemporanea internazionale, Donato Di Zio, abruzzese di origine, nato nel 1970 a Moscufo (Pescara), trae molteplici matrici di formazione artistica già dai suoi primi studi al Liceo Artistico di Pescara.
Personalità di polivalente sensismo, dall’istinto naturale a captare e assorbire nell’interiorità tutti gli stimoli creativi ed emozionali offerti dal vissuto dell’ambiente culturale, lo studente Di Zio oltrepassa subito, determinato e discreto, il mero apprendimento scolastico.
Ne sono presupposti il rapporto umano e l’insegnamento validissimo di varie discipline artistiche da parte di alcuni docenti, oggi artisti molto noti, operanti a livello nazionale e internazionale, quali Ettore Spalletti, Franco Summa, Elio Di Blasio, Angelo Colangelo, Sandro Visca, Alfredo Del Greco (quest’ultimo prematuramente scomparso) e Albano Paolinelli (che gli trasmette un grande interesse per la scenografia), i quali stimolano in lui il forte desiderio di una maggiore conoscenza della loro arte, anche tramite una frequentazione assidua dei loro atelier.
Quello del professore Duccio Gammelli, ad esempio, è stato in quegli anni un punto d’incontro e riferimento per la maggior parte degli studenti del Liceo Artistico di Pescara, e lo studio-laboratorio a Spoltore (Pescara) del maestro Elio Di Blasio, artista informale dalla grande personalità, ha costituito, fino all’ultimo anno della sua vita (2004), un vero polo di richiamo e confronto all’insegna di una grande arte per tutto il mondo artistico e culturale abruzzese e per i tanti giovani pittori emergenti.
Donato Di Zio, specie nell’ultimo quinquennio, ha frequentato assiduamente questo grande artista, attratto dalla sua amichevole franchezza e da quelle tante valenze dell’arte informale che vanno oltre il presupposto del colore.
Ma particolarmente incisiva è stata la sua vicinanza al grande Alfredo Del Greco, che durante il periodo liceale era solito accoglierlo nel suo studio per pomeriggi interi, a dissertare d’arte e di vita, di tecniche operative e di psicologie esistenziali, a girare quasi senza spazio tra le tante tele ammassate ovunque, profonde immagini che colpivano Donato da ogni angolo e che egli vivamente ricorda perché “gli invadevano l’occhio e l’anima” in una emozione che non dimenticherà mai.
Egli la rivive sfogliando talora le pagine di un libro di poesie, custodito con cura dai tempi della scuola, dal titolo La decenza di vivere, donatogli dall’autrice, professoressa Sandra Cetrullo, le cui pagine, dense di giovanili e poetiche rime esistenziali, riportano anche immagini di opere dalla grande carica emotiva che l’artista Alfredo Del Greco aveva appositamente realizzato per quella pubblicazione.
Si sottolinea quanto in esse, pur riportate in bianco e nero, sia coinvolgente, e neppure minimamente offuscata, l’intensa espressività psichica degli sguardi e dei volti disegnati.
Nasce anche da questi incontri emozionali, fissati in un tracciato intimo della memoria, il prepotente, interiore e primario interesse di Donato Di Zio per l’arte, come pure la sua salda dedizione allo studio e a quel metodo di apprendimento elaborato “nell’andare fino in fondo all’essenza delle cose”, alimentandone le sensazioni, la conoscenza diretta e, quando possibile, anche la sperimentazione personale: metodo che oggi caratterizza vari aspetti della sua professionalità.
Donato Di Zio inizia a disegnare giovanissimo e, dopo varie sperimentazioni, nel 1986 giunge a elaborare con tecniche a inchiostro, rapidograph e china su carta pregiata percorsi tematici in bianco e nero all’interno di intime suggestioni recepite dal mondo contemporaneo, in una ricerca figurale-informale di particolare identità.
Già da tali prime opere, come accennato, si enuncia e particolarmente si evidenzia il netto distacco del giovane artista dalla consuetudine di un linguaggio di iniziazione prettamente scolastico-accademico, e anche ogni tecnica di realizzazione, pur scolasticamente appresa, è da lui messa in atto in stretta sintonia con la propria creatività istintuale e identitaria, che forma le basi primarie del proprio personalissimo linguaggio espressivo.
Donato Di Zio frequenta puntualmente ogni valida mostra pittorica, in specie quelle tenute a Pescara in quegli anni (1985-88) che più si pongono come eventi espositivi di ricerca e tendenza internazionale, quali le mostre di Turcato, Dorazio, Dottori, Di Prinzio e Summa (del quale egli confida di conservare gelosamente lo spendido volume La città della memoria, Edizioni Mazzotta, che riporta le foto di coloratissimi interventi operati dall’artista all’interno della città).
Anni di formazione, di belle amicizie e grandi partenze quelli del liceo, convissuti tra amici e compagni di studi, in un confronto di idee e di passioni.
L’artista ben ricorda Giovanni Di Tonno (ora in arte Giò Di Tonno, vincitore nel 2008, insieme a Lola Ponce, del Festival di Sanremo), un ragazzo dai chiari occhi lucenti, a tratti timido dietro i suoi occhiali tondi, uno studente che oltre a saper disegnare aveva il dono del canto e della musica e si esibiva spesso, suonando e cantando con altri ragazzi, anche all’interno della palestra del liceo.
Poi le strade si separano, talora in percorsi diversi, ma come in questo caso paralleli ed egualmente intensi, votati alla comune meta dell’arte.
Conseguito il diploma al Liceo Artistico di Pescara, Donato Di Zio prosegue gli studi iscrivendosi, nella sezione di Scenografia, all’Accademia di Belle Arti di Urbino, cittadina ampiamente sprovincializzata nella quale si trasferisce e che gli permette una frequentazione culturale di più ampio respiro, dalla quale poter assorbire tutti gli elementi e le valenze ancora mancanti alla sua formazione e alla sua visuale artistica.
Tale apprendimento lo porta allo studio attento tanto dell’arte del passato quanto dell’arte moderna e contemporanea, in qualunque modo si evidenzino alla sua costante ricerca interiorizzata.
Inizia ad applicarsi anche alla grafica e soprattutto all’incisione (alla quale sente di essere particolarmente incline), si incuriosisce a tutte le esteriorizzazioni espressive dell’arte, finanche a quell’intrigante geometrismo composito di grande estensione (frattali) che ancor oggi va comparendo un po’ dovunque, misteriosamente, sui campi di grano di tante parti del mondo.
E poi l’interesse per i grandi disegni figurali tracciati a terra, come ad esempio quello del Gran colibrì realizzato con una linea continua di 95 metri sul suolo desertico della pampa di Palpa, nella valle di Ica a San José, in Perù, che per la sua natura totemica può forse essere messo in relazione ai riti propiziatori dell’arte nazca (tra III e IX secolo).
E altrettanta attrazione per altri disegni di enormi dimensioni sullo stesso suolo, forse riferibili a un arcaico calendario astronomico. Senso e mistero del tempo che si ritrova talora nell’atmosfera sacrale e religiosa di molte opere di Donato Di Zio, dove la spiritualità regna accomunando a sé il mistero della vita stessa.
Gli artisti più amati da Di Zio sono Will Bradley e Maurits Cornelis Escher, ma legami artistici molto forti sussistono con le opere di Henri Matisse e con i nuovi valori formali dell’astrattismo di Wassily Kandinsky.
È anche attratto dalla ricchezza delle surreali suggestioni fantastiche di Joan Miró, dai concetti spaziali di Lucio Fontana e dalle animate sculture metalliche di Alexander Calder, come pure da varie e specifiche valenze artistiche che si evidenziano nelle opere di numerosi protagonisti dell’arte contemporanea internazionale.
Nel 1997 espone alcune sue opere, frutto di una ricerca particolarmente interiorizzata, in una mostra personale dall’esplicito titolo Ricerca della spiritualità, allestita presso la sede della casa editrice Tinari a Bucchianico (Chieti). Le opere esposte, tra cui Presagio, Jesus e Pensiero in attesa, realizzate con inchiostro di china su carta pregiata, presentano una forte e intimistica connotazione figurativa e denotano una geniale maestria del segno e della composizione: valenze che saranno oggetto di un giudizio di apprezzamento da parte del professore Gillo Dorfles in una lettera inviata all’artista nel 2003.
Nel 1997 Donato Di Zio si dedica anche alla collaborazione con diverse case editrici d’Abruzzo realizzando disegni per varie pubblicazioni tra cui, per le edizioni Tinari, Il Settecento a Scerni (1997) e Il catasto onciario di Pretoro (1998); una sua opera dal titolo Presenza discreta fuoriscena (1994) è riprodotta sulla copertina del libro di poesie Dicta nocturna di Francesco Di Rocco, pubblicato dalla casa editrice Noubs (Chieti) di Massimo Pamio.
Ma le tante esperienze che a ritmo veloce si susseguono come scenografo e costumista lo coinvolgono sempre di più conducendolo a un percorso professionale altamente formativo, ma per certi versi molto impegnativo e faticoso per un giovane di ventotto anni, che lavora a pieno ritmo. Ne consegue che egli si trova sempre più costretto a contenere i tempi da dedicare all’arte, che istintivamente vive come esigenza primaria, espressa dapprima in opere in bianco e nero che traggono la creatività del suo segno-disegno da una sommersa, oscura profondità interiore.
Ma Donato non tralascia nessuna possibilità di futura conoscenza e approfondimento dell’arte che anche occasionalmente gli si presenti, come mostre, visite ai grandi musei in Italia e all’estero, conoscenza e frequentazione degli artisti e soprattutto studio di testi d’arte e storia dell’arte, anche se rinuncia per il momento a progetti espositivi delle proprie opere, diluendo la produzione artistica nel tempo necessario per poterla meglio elaborare nell’infinito “pelago” di sollecitazioni creative che ne sono nutrizione e contenimento.
Questo nell’intento di riunire in futuro parte delle opere via via realizzate per esporle in un’unica grande mostra che tutte le contenga narrando il suo percorso, un compromesso ben attuato che può considerarsi altamente positivo alla luce dell’esposizione di ben 108 opere scelte e prodotte tra il 1995 e il 2005, siglate in catalogo dallo storico e critico d’arte Gillo Dorfles, curatore della mostra Donato Di Zio. Dentro al pelago tenuta dal 15 febbraio al 2 marzo 2006 presso il Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna di Pescara.
Tale decisione permette al giovane Donato Di Zio di dedicare molto più tempo al suo lavoro e di aprire tutte le porte alle allargate esperienze di un’attività professionale che cresce rapidamente ed è amata, ma che è anche da consolidare con un impegno costante e tanta fatica, pur sempre proficua di valide esperienze di vita.
Un vissuto che porta l’artista a tessere e conservare conoscenze e amicizie anche con grandi attori e cantanti lirici, proseguendo negli anni successivi la sua collaborazione (iniziata nel 1992 e portata avanti sino al ’98) con l’Ente Teatrale Arena Sferisterio di Macerata.
Da questa scelta si snoda tutto il suo percorso artistico-professionale che si sviluppa e intreccia all’insegna del trasferimento e della molteplicità, un po’ dove lo porta il cuore, un po’ dove lo porta il caso o la necessità. In meno di un decennio, tra Pescara, Urbino, Macerata, Perugia, Jesi, Bologna, Roma, Firenze e poi di nuovo Pescara, si tesse la sua fittissima rete di impegni e “vocazioni”.
Con ritmo incessante firma scenografie per spettacoli teatrali e lavora quale assistente alle scene e ai costumi di numerose opere teatrali e musicals, nonché assistente alla scenografia anche nell’ambito cinematografico.
Nel tracciare il profilo di tanto percorso è da riconoscere come fondamentale il suo trasferimento da Macerata a Bologna, dove nel ’96 collabora con il Teatro Comunale, per poi tornare a Macerata e quindi a Firenze.
Continua intanto a intensificarsi sempre più il lavoro professionale di scenografo e costumista che, come detto, talora lo impegna anche contemporaneamente per due diverse produzioni teatrali, come avviene nel ’99 per la messa in scena, al Teatro Comunale Cesare Caporali di Panicale (Perugia), dell’opera barocca Il trespolo tutore di Alessandro Stradella con l’orchestra Accademia degli Unisoni e la regia di Vera Bertinetti, mentre nel contempo Di Zio realizza le scene per l’opera lirica Livietta e Tracollo, ossia La contadina astuta di Giovanni Battista Pergolesi al Teatro Pergolesi di Jesi, sempre con la regia di Vera Bertinetti.
E nello stesso periodo, firma le scene per La serva padrona di Pergolesi al Teatro Torti di Bevagna (Umbria).
Le sue esperienze professionali lo conducono inoltre, sempre nel 1999, a Bologna per la collaborare all’allestimento di una mostra, curata da Steve Almerighi, di ricchi e storici costumi teatrali, indossati nei tempi passati dalle più famose cantanti liriche del mondo, tra cui Maria Callas.
Un periodo intenso, dedicato al teatro lirico, che si protrarrà a lungo, estendendosi talora contemporaneamente a Macerata e a Firenze.
In quest’ultima città d’arte si rafforza e amplifica la sua formazione culturale, gratificata anche dall’assidua e amichevole frequentazione del maestro Sergio Scatizzi, noto e affermato artista il quale, in lunghe conversazioni che durano pomeriggi interi, lo rende partecipe del proprio profondo rapporto di stima con il noto critico d’arte Carlo Ludovico Ragghianti e con Alfonso Gatto, e anche del proprio interagire con artisti “storici” quali Ottone Rosai e Nino Tirinnanzi, ma che soprattutto gli testimonia e narra tutti i “mitici” avvenimenti della propria esperienza parigina vissuta in gioventù.
Una completa e diretta comunicazione che gli trasmette la conoscenza approfondita dell’ambiente culturale e dell’arte fiorentina e toscana, antica e contemporanea, insegnamento di cui l’artista sarà sempre grato al maestro.
Ancora nel 1999, riavvicinandosi per un breve periodo alla sua regione, accetta di partecipare alla mostra d’arte contemporanea La corsa - What’s new a Miglianico (Chieti).
Ma subito dopo, nel 2000, Donato Di Zio avvia a Roma un’importante collaborazione con la compagnia del Teatro Argot come assistente alle scene e ai costumi, sotto la regia di Maurizio Panici, per tre successive produzioni di prosa: La locandiera di Goldoni (con Pamela Villoresi, Massimo Wertmuller e Renato Scarpa, scene e costumi a firma di Aldo Buti), Storie da bar (di F. Carena, con Rolando Ravello), e poi Lilion di Molnar (con Massimo Venturiello e Fiorella Rubino), di cui si ricorda il memorabile successo riscosso al debutto presso il Teatro Romano di Taormina.
E, sempre nel 2000, torna a collaborare con il Teatro Argot di Roma firmando le scene e i costumi per il Macbeth di Shakespeare, con la regia di Antonio Latella.
Molto particolare e innovativa l’ambientazione scenografica creata per questa rappresentazione che, alla fioca luce di una candela, presenta un luogo scenico suggestivamente soffuso di un biancore inquietante in cui si individuano tre immobili corpi maschili, girati di spalle e completamente nudi, con solo una maschera dietro la nuca, le cui pose danno l’immagine delle tre streghe del Macbeth.
Il biancore totale della scena è ottenuto con oltre cento quintali di sale sparsi su tutto il palcoscenico e coprenti tutti i costumi, gli oggetti e le suppellettili che via via vengono usati nella rappresentazione.
Un fondamentale arricchimento egli trae inoltre dall’incontro con alcuni artisti contemporanei di nazionalità italiana. A Urbino infatti, nel periodo 1992-93, ha modo di ammirare le opere di Omar Galliani, insegnante di pittura all’interno dell’Accademia, che già da tempo operava da grande pittore e incisore, e ha modo di seguirne da vicino la raffinata produzione artistica di quegli anni (nel ’94 Galliani arricchisce con le sue calde opere a sanguigna, encausto e graffito su intonaco la nuova sede centrale della Banca Caripe di Pescara (per merito della determinata scelta dello Studio Calcografico Urbino di Pescara, incaricato della direzione artistica dei lavori).
Donato Di Zio, durante i suoi vari periodi di permanenza in questa città, ha occasione di conoscere personalmente Luigi Giannotti e, sia pur in maniera sporadica, di visitare con grande interesse il suo studio calcografico di viale Bovio.
Rilevante è infatti il ruolo di polo culturale (di riferimento nazionale) delle arti grafiche svolto a Pescara già dal 1980 dallo Studio Calcografico Urbino, nato per merito di Luigi Giannotti (prematuramente scomparso nel 2000), abile stampatore e docente dell’Istituto Statale d’Arte di Pescara, e di sua moglie Marina Giordani, consulente di pregevoli eventi d’arte, organizzatrice di corsi di incisione e attualmente dedita anche alla progettazione grafica e all’editoria d’arte: a tale riguardo si segnala la recente pubblicazione del libro Segni, edito in omaggio a Bruno Munari nel centenario dalla nascita (2007), artista che Donato Di Zio ha avuto modo di conoscere e frequentare essendo stato suo allievo nel ’94, come si dirà in seguito.
Lo Studio Calcografico Urbino vanta a tutt’oggi una intensa collaborazione con moltissimi grandi maestri, tra cui Alberto Burri, Bruno Munari, Piero Dorazio, Omar Galliani, Walter Valentini e anche giovani artisti emergenti.
Già nei primi anni degli studi accademici è da premettere che in Donato Di Zio, all’amore per la pittura e la calcografia, si affianca quello per il palcoscenico, entrato nella sua vita anche con l’interesse per brevi esperienze giovanili in piccoli ruoli teatrali e interazioni da comparsa, e successivamente con la prima collaborazione, nel ’92, con l’Ente Teatrale Arena Sferisterio di Macerata.
Questo iniziale contatto con il teatro già lo porta di prepotenza nel vivo di un privilegiato vissuto relazionale, cercato e immediatamente ottenuto, con grandi scenografi, registi e costumisti.
Nel 1993 Donato Di Zio si trasferisce a Macerata, dove prosegue gli studi all’Accademia di Belle Arti, sezione di Scenografia, e dove ha modo di ampliare e approfondire, oltre alle esperienze professionali, anche quelle artistiche-pittoriche, che nello stesso anno ’93 lo portano a essere selezionato per partecipare all’importante mostra collettiva Sei giovani artisti in cerca di spazio, tenuta nella Sala della Provincia di Macerata con presentazione e testo critico del professore Stefano Chiodi.
Nel 1994 frequenta anche corsi universitari supplementari indetti dall’Accademia, come quello sullo “Studio del design, dell’oggetto in sé e della sua funzionalità”, tenuto dal grande designer, scultore, pittore e grafico milanese Bruno Munari, uno dei più significativi rappresentanti dell’“arte programmata”, da lui presentata per la prima volta nel 1962 in una mostra da lui stesso organizzata a Roma.
Sulla scia della sentita partecipazione a tale ricerca-indagine sull’oggetto in sé, Di Zio non tralascia di visitare le più importanti mostre della regione Marche, come quelle di Valeriano Trubbiani, Francesco Messina e Wladimiro Tulli, vicine alla suddetta ricerca.
L’occasione di tali mostre gli dà modo di conoscere e relazionarsi da vicino alle opere di grandi maestri dell’arte contemporanea italiana, che egli profondamente stima e ammira, permettendogli di conseguenza un confronto che è insieme studio, approfondimento, dinamica mentale e forte incentivo a proseguire nell’istinto della propria creatività.
Suo vivo desiderio, confiderà inoltre, è di arrivare a possedere tante opere di grandi artisti, delle quali ama circondarsi, riuscendo via via a raccogliere innumerevoli pezzi di grande prestigio, che egli colleziona con un interesse divenuto quasi necessità mentale (anche rivolta a ceramiche, porcellane e mobili moderni e d’antiquariato) in quanto, come sostiene l’artista, la spiritualità e l’essenza della vita espressa dagli oggetti ci permettono di apprezzare da vicino, e ripetutamente, l’ingegno di chi li ha realizzati.
A tanta partecipazione nei confronti dell’arte si vanno nello stesso tempo assommando le numerose esperienze teatrali vissute come assistente scenografo nella prosa, che conducono l’interesse giovanile di Donato Di Zio anche verso l’entusiasmante collaborazione con il cinema e il cortometraggio d’autore.
Nel 1995 egli inizia infatti a operare anche nell’ambito cinematografico, come assistente alla scenografia nel film Per caso di Giuseppe Conti, e da tale esperienza si dirama poi una fitta rete di eventi. Nel ’96 firma le scene per il video-cortometraggio La canzone di Betty, con la regia di Andrea Baldassarre, per il quale elabora un’ambientazione scenica d’atmosfera surreale e onirica, tutta sperimentata sulla predominanza del colore rosso e di superfici specchianti.Nel 1996 si diploma con 110 e lode all’Accademia di Belle Arti di Macerata, sezione di Scenografia, presentando una tesi su Samuel Beckett e il teatro dell’assurdo nella quale elabora un parallelo tra Beckett, Francis Bacon e i propri progetti.
Questa infatti si anima, sotto la fioca luce di candela, quando lentamente i tre attori interpreti (Danilo Nigrelli, Gerry Mastrodomenico e Paolo Giovannucci) iniziano la recitazione muovendosi nella penombra per recuperare le vesti nascoste sotto lo strato di sale del palcoscenico, dando poi vita all’intera performance.
Questa scena iniziale crea un forte impatto emozionale col pubblico e, nella sua inquietante e surreale visione, riconducibile ad altre opere di Shakespeare, riesce a creare un unico linguaggio artistico, non separando l’arte dal teatro o viceversa.
A Roma, sempre nel 2000, l’artista firma i costumi per la commedia musicale Arda Viraf Namag (tratta da un antico testo persiano in versetti arabi), di produzione CST - Teatro di Roma, opera presentata per la prima volta in Italia con la regia di Shahroo Kheradmand al Teatro Romano di Ostia Antica.
Nel 2001 Donato Di Zio da Roma torna a Firenze, richiesto come scenografo e costumista dalla giovane compagnia Teatro dell’Istante, con la quale collabora (con la regia di Stefano Mascagni) a Spunti d’amore e morte per l’Istituto Francese di Firenze (tratti da La malattia della morte), e a Agatha di Marguerite Duras; entrambi gli spettacoli vengono poi rappresentati, sempre a Firenze, al Teatro di Rifredi, diretto da A. Savelli.
Collabora quindi alla produzione di Margine offeso, uno spettacolo incentrato su testi di poesie di Alda Merini e Amelia Rosselli, sempre con la compagnia Teatro dell’Istante, per l’Associazione culturale “Giardino dei Ciliegi” di Firenze.
Nel 2001 inizia anche una collaborazione con il Teatro Stabile d’Innovazione Florian Proposta di Pescara firmando i costumi in occasione della terza edizione de Il fiume e la memoria... e la città, che in quell’edizione propone in programma il recital Dalla Pescara, sulla riva del fiume risuona la voce dei poeti, sotto la direzione artistica di Milo Vallone e la regia di Giulia Basel e Gian Marco Montesano: un evento culturale importante ed evocativo, teso a riscoprire l’identità storica e letteraria della città di Pescara attraverso la lettura di testi di Gabriele d’Annunzio ed Ennio Flaiano, sottolineati da musiche di Francesco Paolo Tosti, Claude Debussy e Richard Wagner.
Nel 2002 Donato Di Zio intensifica la sua produzione artistica per una particolare ricerca di maggiore sintesi figurale-introspettiva, producendo nuove opere.
Una di queste viene esposta in sede permanente presso il Museo Internazionale di Mail Art all’Aquila a cura del critico d’arte Leo Strozzieri.
Successivamente firma i costumi per lo spettacolo Hansel e Gretel prodotto da Florian Proposta con la regia di Mario Fracassi, e nel 2003 torna a collaborare con Florian Proposta - Teatro Contemporaneo per la rappresentazione di Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello, regia di Walter Manfrè, con Massimo Vellaccio e Giulia Basel; e nello stesso anno, rinunciando al proprio compenso, firma i costumi per il balletto Dedalo, presentato al Teatro Circus di Pescara con coreografie di Robert North e Paolo Londi, musiche di Antonio Cericola.
Allo spettacolo, organizzato in occasione dell’“Anno del disabile”, con il ricavato devoluto in beneficenza, partecipa Maria Teresa Ruta come madrina della serata.
All’interno poi della rassegna Primo tempo, nel giugno 2003, l’artista firma le scene e i costumi per la rappresentazione di Aspettando Godot, prodotto da Florian Proposta di Pescara con la regia di Umberto Marchesani.
Sempre nello stesso anno firma le scene e i costumi per lo spettacolo Tracce, prodotto dalla compagnia Catalyst (che debutta in dicembre al Teatro Puccini di Firenze sotto la regia del giovane Riccardo Rombi) e torna a collaborare nell’ambito cinematografico firmando i costumi e il trucco per il cortometraggio Sei quello che mangi, prodotto da Florian Proposta; le scene portano invece la firma di Albano Paolinelli, artista già conosciuto e stimato, carismatico insegnante del Liceo Artistico di Pescara.
Con piacevole sorpresa nel 2004 Donato Di Zio incontra nuovamente il professor Paolinelli che in qualità di scenografo sta operando alla realizzazione del corto L’acqua della gente felice, mentre Di Zio vi collabora in qualità di costumista.
Il corto, prodotto per conto dell’agenzia pubblicitaria Zemrude di Pescara, per la regia di Giacomo Di Niro, ha come interpreti Lucio Dalla, Eugenio Bennato e Antonio Catania.
Nel marzo 2005 l’artista firma le scene dell’opera lirica Pimpinone di Tomaso Albinoni, regia di Marco Bellusi, con l’orchestra Symphonia Perusina, e successivamente crea le scene per l’opera lirica L’amfiparnaso di Orazio Vecchi, con la regia di Marco Bellussi e l’orchestra Florilegio Musicale diretta da Gabriella Agosti. Subito dopo, nel settembre 2005, disegna le scene per L’avaro di Molière, presentato al Teatro Caporali di Panicale (PG) con la regia di Virgilio Bianconi.
E, sempre a settembre, una sua opera dal titolo Francesco e povertà (Perdita del corpo ricerca dell’anima), del 2004, entra a far parte di un’esposizione permanente alla Pinacoteca Internazionale Francescana di Falconara Marittima.
Per la notorietà acquisita nel corso dei suoi tanti interventi sulle tavole di palcoscenico di tanti teatri, Di Zio viene invitato a collaborare come “stilista” in concorsi di bellezza tenuti a Pescara, come Fantastica turista; all’interno di quella serata tra amici realizza un momento di spettacolo creando all’istante i costumi con pochi scampoli di tessuto e spilli, attingendo l’ideazione unicamente dalla propria istintiva creatività e abilità manuale, dando vita in pochissimi minuti ad abiti eleganti e fascinosi che suscitano grande stupore nel pubblico, esaltando la naturale sensualità e bellezza delle ragazze in gara.
Tali serate vengono riprese da note emittenti abruzzesi e in molte occasioni l’artista è anche invitato come ospite in programmi televisivi come Il salotto di Elio Lamparelli e Linea sport di Americo Carissimo, ad argomentare d’arte e cultura insieme a note personalità.
Il suo legame con l’arte torna poi subito a ricomporsi e infatti prende parte alla mostra collettiva di beneficenza Siamo con voi - Artisti abruzzesi per le vittime dello tsunami, su progetto dell’Associazione Culturale Marco Di Martino, patrocinato dalla Provincia di Pescara e organizzato dall’artista Ciro Canale presso le sale espositive dello Sparts della città.
Quattro opere di Donato Di Zio vengono poi esposte in permanenza presso il Museo Mail Art Italia a Belvedere Ostrense, nelle Marche.
Nella sua terra d’Abruzzo, dal 15 febbraio al 2 marzo 2006, con una esposizione di grande richiamo, l’arte di Donato Di Zio fa completa mostra di sé con ben 108 opere al Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna a Pescara, con il patrocinio della Regione Abruzzo, del Comune di Pescara e del Comune di Moscufo, suo paese d’origine cui lo legano forti e profonde radici.
Sigla questo importante incontro col pubblico un significativo e voluminoso catalogo che riproduce le immagini di tutte le opere esposte (fotografate da Gino Di Paolo), con un prezioso testo di presentazione del grande critico e storico dell’arte Gillo Dorfles, il quale, impossibilitato a presenziare all’inaugurazione, testimoniato in un’amichevole lettera all’artista la propria vicinanza, aggiungendo la personale rassicurazione e il vivo augurio per la felice riuscita dell’evento.
Il catalogo riporta in chiusura anche la prima parte (fino al marzo 2006) di questa ormai lunga e più analitica biografia artistico-professionale che reca a margine di ogni pagina un accompagnamento visivo al testo, ricco di immagini, momenti particolari e di successo riguardanti il percorso artistico anche in ambito teatrale, con scenografie, bozzetti di scene, disegni e bozzetti di costumi di raffinata maestria, foto di momenti scenici di opere teatrali che costituiscono vere e proprie testimonianze storiche di un recente passato, siglato anche da foto di personaggi illustri del teatro e della lirica con i quali l’artista ha intessuto rapporti di vita e dei quali tuttora conserva un vivo ricordo e una reciproca amicizia.
Il lungo cammino di Donato Di Zio pare di certo aver raggiunto, nel 2006, l’approdo definitivo a un notevole traguardo.
Le sue 108 opere sono tutte lì, in misteriosa e lineare sequenza, a percorrere le bianche pareti delle sale del Museo Colonna di Pescara, e non solo a farsi ammirare ma ancor più a farsi riflettere... Neri pensieri vaganti e ritornanti? O in fuga nel bianco? O pensieri in attesa che stavano in fila aspettando il proprio turno e poi uno alla volta si sono fatti avanti? Forse un unico, inquieto pensiero seriale in cerca di identità, colto nelle sue varie permutazioni liberatorie, plancton fluttuante nel più profondo del suo pelago…
Certo è dal valore artistico ed espositivo di tale mostra di successo che prende avvio, per Donato Di Zio, il continuo crescendo di un percorso culturale e umano di lievitante spessore, fatto di incontri, conoscenze e studi, nonché di inviti e partecipazioni a eventi di rilievo che coniugano sempre meglio le sue amate radici abruzzesi con la formazione di una cultura artistica legata al territorio della regione Toscana, e soprattutto della città di Firenze, nella quale da gran tempo egli vive e lavora.
Nel 2007 la Società delle Belle Arti - Circolo degli Artisti - Casa di Dante di Firenze lo invita a partecipare in giugno-luglio, insieme ad altri noti artisti, alla mostra collettiva Solaria nella propria sede: Di Zio vi espone l’opera Pelagocentocinque.
Partecipa poi alla mostra sociale dal titolo Suggestioni cromatiche (dal 22 dicembre 2007 al 17 gennaio 2008), dove espone due opere dal titolo I golosi e Lussuria n. 3, ispirata alla Divina Commedia di Dante.
A merito di Donato Di Zio segue subito dopo, nell’ottobre 2007, il grande onore di entrare a far parte, come giovane artista “paiolante”, della storica Antica Compagnia del Paiolo di Firenze (che nel 2008 compirà cinquecento anni dalla sua fondazione).
In tale veste egli viene invitato a partecipare alla mostra collettiva dei nuovi artisti paiolanti tenuta nell’ottobre dello stesso anno presso la Saletta Boccuzzi di Piazza della Signoria, sede della Compagnia del Paiolo, dove vengono esposte due sue opere: Pelagoquarantotto e Pelagoquarantanove.
La mostra è presentata da Pier Francesco Listri, e nell’elenco dei partecipanti figurano, insieme a Di Zio, nomi di valenti artisti tra cui Paolo Staccioli, noto ceramista, e Giampaolo Talani, che nelle sue opere pone in evidenza il tema del viaggio, di grande vicinanza spirituale a quello di Donato Di Zio per il quale il viaggio si snoda nell’arte all’interno più profondo della psiche umana, fino a toccare l’anima.
Donato Di Zio entra così, nel 2007, a far parte di questo prestigioso e antichissimo sodalizio che, accanto a grandi maestri del passato e del presente, inserisce nuovi adepti “affratellati dal clima della tradizione artistica fiorentina e toscana”, come scrive nella lettera di benvenuto ai nuovi paiolanti il professore Listri, curatore della mostra e “paiolante d’onore”.
Nel novembre 2007 Donato Di Zio, invitato dall’Unione Cattolica Artisti Italiani (UCAI), partecipa a un’altra significativa collettiva, esponendo l’opera inedita Beatrice che guarda il sole.
La mostra, tenuta a Firenze presso la Sala Chiostrini del Convento di San Marco e presentata da Anna Maria Batignani Masieri, fa parte di un progetto di notevoli eventi culturali all’interno del convegno In attesa. In cammino che, nello stesso periodo, vede in programma un Concerto per organo e voce e una Meditazione organistica del maestro Sergio Militello (direttore dell’Istituto di Musica dell’Arcidiocesi di Firenze); entrambe le manifestazioni si svolgono presso la Basilica di San Marco di Firenze e a seguire, presso la Sala Chiostrini, si tiene un Recital di poeti e scrittori, un Incontro con gli artisti con lettura dei vari testi critici, una conversazione su Archeologia e fede a cura di Francesco Bandini, e infine la presentazione del libro Malarte del giornalista Fabrizio Borghini.
Per quanto attiene al successivo percorso dell’artista è da riconoscere la costante determinazione con cui egli continua ad ampliare sempre più il territorio delle sue ricerche e dei suoi studi, soprattutto verso nuove esperienze a lui congeniali dalle quali si sente fortemente attratto, come l’incisione, il design e gli interventi progettuali sullo spazio urbano: una vera e propria ricognizione su realtà urbane, spazi usitati e abituali del nostro tempo, antichi luoghi storici appartenenti alla memoria di un’arte del passato, tutti da rivivere e rendere nuovi nel brillante connubio con la particolarità del suo linguaggio calligrafico e la sua fantasia ideativa, il cui vario comporsi non è certo ibridazione ma creatività mai sazia di aperture interiori, anche metaforiche, e di strutturazioni segnico-mentali basate su ideologie innovative dell’ambiente.
La finalità del nostro artista è quella di non spezzare quel filo conduttore dell’arte che da sempre lega il passato al presente, e in più di far superare ogni annichilente appiattimento dell’abituale visualità urbana per condurre il cittadino a una nuova, energetica esperienza psicopercettiva che lo induca a un equilibrio rinnovato nel suo rapporto personale con l’ambiente, e di conseguenza con la vita del quotidiano.
Di Zio, su una fotografia che rappresenta Piazza della Signoria a Firenze, e ancor più su un’altra che mostra il panorama di Firenze visto da Piazzale Michelangelo (foto scattata intorno al 1890 e proveniente dal Museo di Storia della Fotografia dei Fratelli Alinari), elabora, all’interno di tali storici spazi urbani, un progetto di interventi artistici che recano il segno della propria identità ideativa; i nuovi ambienti appaiono infatti completamente elaborati dai suoi disegni che, come un tappeto ricco di armoniose evoluzioni segniche semifigurali, ricoprono interamente lo spazio pavimentale collegando l’ambiente precipuamente alla sua arte e all’identità del suo stile calligrafico.
Sia pure come progetto, storia e arte paiono, in questo caso, incontrarsi su una fotografia e farla divenire nuova arte essa stessa.
Nel 2007 Donato Di Zio partecipa anche all’importante evento del XXV Premio Firenze, promosso e organizzato dal Centro Culturale Firenze-Europa “Mario Conti”, che rende omaggio alla città di Cuernavaca e si conclude il 1° dicembre 2007 con una imponente cerimonia nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio.
L’opera dell’artista Pelagocentocinque, esposta nella sezione “Arti visive”, si impone all’attenzione della critica pur tra le tante opere dei partecipanti, ricevendo come riconoscimento l’inclusione in una mostra virtuale via Internet.
Interessante particolarità della nuova produzione di Donato Di Zio è l’elaborazione artistica di disegni esclusivi per oggetti di design in porcellana dalle linee modernissime.
Servizi da caffè e da the e soprattutto pregevoli piatti per i cui disegni l’artista, oltre al nero, utilizza il colore rosso e l’oro zecchino (come anche in recenti disegni), la cui ricercatezza e raffinatezza è resa ancor più pregiata per l’uso di un materiale così prezioso e nobile come l’oro zecchino.
I vari pezzi di tali servizi sono singole opere d’arte di piccolo formato, sulle quali anche un accennato o talora evidenziato preziosismo di estetica decorativa si muta nel registro artistico di una propria figuralità che articola un disegno minimalista sempre diverso, fluttuante in un naturale e avvolgente movimento circolatorio sul manufatto.
È una stupefacente e identitaria prerogativa dell’arte di Donato Di Zio riuscire a suscitare, pur nel ristretto ambito di una piccola superficie, quella particolare percezione ottica, di movimento e circolarità, capace di captare la suggestione di una spazialità infinita, quella misteriosa del suo immenso pelago, dove unica luce sono le sommerse luminescenze delle tenebre nel più profondo e oscuro gorgo dell’interiorità, dove l’Ego si cela.
Pure i suoi spazi creativi sono ampi e molteplici, come evidenti sono i suoi vari interessi artistici. C’è infatti da dire che, già dai tempi dell’Accademia, negli anni trascorsi a Macerata, egli si era molto interessato alle varie tecniche dell’arte incisoria; ma in quel periodo non avrebbe potuto di certo seguire legalmente il corso regolare di quegli studi specifici, né sostenere il relativo regolare esame in quanto già iscritto al corso accademico della sezione di scenografia.
Pur non avendo quindi la finalità dell’esame in sé, ma solo la ferma volontà di impossessarsi di tutte le tecniche e i segreti di tale mezzo espressivo così affine al suo linguaggio creativo, egli chiese e ottenne dalla direttrice, al tempo Paola Ballesi, il consenso per poter comunque assistere e partecipare alle lezioni teoriche e alle esperienze tecnico-pratiche, come se fosse regolarmente iscritto, riuscendo quindi ad apprendere, in un corso di valenza accademica, tutti gli insegnamenti possibili sull’arte calcografica, retto da volontà e passione per quegli studi specifici.
Discorso anche di merito, quindi, proveniente da tale connaturata predisposizione, è quello riferito alla sua recente e inedita produzione di arte incisoria, che si pone come complementare all’indagine sul segno della sua arte, evidenziando la completa e profonda espressione di sé dell’artista.
Nel 2007 Donato Di Zio ha ripreso con determinazione l’esercizio di tale arte presso la Fondazione fiorentina Il Bisonte, sede della prestigiosa Scuola Internazionale di Grafica d’Arte, un vero polo grafico di valenza internazionale che ha iniziato la propria attività nel 1959 e nel corso degli anni ha operato con artisti del calibro di Picasso, Moore, Manzù, Guttuso, Maccari, Severini, Greco, Carrà, Campigli, Scanavino, Vedova ecc.
Le incisioni su lastra di rame realizzate da Donato Di Zio all’acquaforte presso Il Bisonte (chiedendo a volte consiglio e consultandosi con i docenti della scuola, con cui ha instaurato un amichevole rapporto, quali Vincenzo Burlizzi e Manuel Ortega) saranno esposte nel 2008.
Una di queste opere, Pelagocentotrentotto del 2007, viene donata dall’artista al Centro Regionale di Riferimento per la Riabilitazione Cardiologica della Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze ed è esposta nella sala d’attesa del Centro Cardiologico dove, secondo le parole di ringraziamento inviate dal professore Fattirolli, “permetterà agli ospiti, che vi soggiorneranno per motivo di cure, di unire alla ‘rigorosità’ tecnologica dell’ospedale un elemento di immaginazione proiettato verso il mondo esterno”.
Continua poi la produzione di Di Zio legata al design.
Già attuata in parte su servizi in porcellana, con la collaborazione tecnico-esecutiva dell’artista pescarese Duccio Gammelli, si avvale attualmente anche della collaborazione di Gabriele Delle Monache.
Esperto in design, grafica, comunicazione ed eventi espossitivi (tra cui la Biennale d’arte “Città di Penne”), dal 2007 anche responsabile di Cogecstre Edizioni, già dal 1990 Delle Monache si dedica alla stampa serigrafica e dal 1998 in particolare alla stampa d’arte su ceramica, avendo messo a punto la specifica tecnica del “materico ceramico” in stretto contatto con Fernando Di Nicola (recentemente scomparso), carismatico insegnante e artista che è stato il più valido esponente dell’Arazzeria Pennese d’Abruzzo, affermatasi a livello internazionale.
Dall’UCAI, Sezione di Firenze, Donato Di Zio è invitato a partecipare all’evento Spiritualità a Firenze (articolato in mostra e convegno), con artisti selezionati a livello internazionale a cura di Anna Maria Batignani Masieri, tenuta presso il Convento di San Marco a Firenze.
Si può dunque affermare che dal 2006 ad oggi Di Zio si è dedicato a un appassionato continuum della sua già corposa e varia produzione, approfondendo ed evidenziando i vari aspetti delle sue ricerche e dei suoi così vari interessi artistici.
Eccelle, nel percorso dell’artista, l’attuale mostra antologica ospitata negli spazi museali della struttura Ex Aurum di Pescara da Domenica 6 Febbraio aDomenica 27 Marzo 2011, dove sono esposte opere (anche inedita) a partire dagli anni giovanili fino a oggi, così come nella precedente mostra personale tenuta nel Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna a Pescara nel 2006.
Anche questa mostra antologica, come si è detto, è curata da Gillo Dorfles, e così pure l’allestimento e il nuovo catalogo che riporta nuove importanti testimonianze critiche di eminenti e illustri personalità del mondo culturale, nonché nuovi testi critici e questo aggiornato Diario di un percorso tra arte e professione.
Quella che seguirà sarà una lunga e bella storia d’arte ancora da scrivere...........