La ricerca artistica di Donato Di Zio ha una particolarità rara: costringe a pensare al mistero, così è per la maggioranza degli esseri umani, del corpo dell’uomo. Queste cellule, tracce di DNA, ingrandimento di un pezzo di pelle o qualcosa del genere, raggiungono una forma espressiva che, a colpo d’occhio inteso alla maniera in cui la intendeva Roberto Longhi, richiama alcuni disegni, o parti di disegni, o il “segno”, di artisti come Klimt o De Carolis, l’illustratore e incisore di ispirazione dannunziana, che tanto incise nel gusto grafico Italiano ed Europeo nei primi decenni del Novecento. L’esplorazione di Di Zio è l’estremo tentativo di dare una forma Artistica a questo momento storico dove tutto sembra essere stato scoperto e dove più nulla ci accontenta. Sembra, l’opera sua, astratta: invece è l’inizio di un percorso che può riportare a riaffermare il senso più profondo della vita e delle sue forme espressive. L’opera di Di Zio, insomma, non è una fuga dalla realtà, ma, come succede all’Arte, l’inizio di un lavoro che ripropone la vera ricerca, in ogni Tempo, del recondito mistero dell’esistenza, delle angosce e degli amori degli esseri umani, studiando i loro corpi, anche nel più profondo delle loro fibre, per raccontare la loro anima e il loro essere, tutti, figli di Dio.
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