O.C.: Sfogliando il suo book, vedendo le sue carte, toccando le sue ceramiche mi si affacciano memorie preziose di archetipi novecenteschi: contenuti inconsci. E’ come entrare nel nodo di un magico labirinto, in cui si rimane conquistati, assoggettati ma anche un poco oppressi. La sua ricerca attraverso un’attrazione radicale spegne anche l’ultimo residuo di tensione e funzione spaziale dando vita ad una “pittura” che abolisce tutte le gerarchie, nella quale non esistono vicinanza e lontananza, sopra e sotto, prima e dopo, ma che satura tuttavia l’orizzonte visivo rivelando il suo metodo costruttivo, la struttura della sua costruzione, dove il punto di vista non è in aria, non è lontano, è dappertutto.
D.D.Z.: Il labirinto dove io sono immerso non è angosciante anche se può dare un senso di inquietudine, è un labirinto dove i confini non sono netti, ma sta a me delinearli, ogni volta che si imbocca un nuovo percorso che si compie: non ha una sola uscita ma propone un’infinità di alternative in una costante ricerca del mistero della creazione.
O.C.: E’ una realtà espressa attraverso un segno preciso, un riflesso di luce che per lei è luce netta che non sfuma mai così come non c’è mai una sfumatura nella sua espressione di realtà, quando muove il rapidograf o incide la lastra con esattezza direi matematica e di perfetto equilibrio. Ne viene fuori un fluttuare di segni, come un’onda che arriva ma non porta dietro di sé tutto il mare e il suo mondo indistinto: il suo agitarsi trasporta un’infinità di microrganismi che si muovono e ordinato usando come metro il suo gusto poetico secondo equilibri di materia, di toni e di colori.partendo da un centro e si irradiano in una miriade di piccoli segni che suggeriscono in effetti la realtà visibile nella natura: un prato o l’ondeggiare dell’erba al vento.
D.D.Z.: La mia ricerca dell’equilibrio è incessante e è un bisogno per razionalizzare emozioni che a volte creano smarrimento nel turbinio della mia psiche.
O.C.: Un’opera d’arte ha vie interne spesso ignote all’autore; a volte il compito di quest’ultimo è solamente non opporsi non frenare e non esasperare le tensioni esistenti tendendo a razionalizzarle, analizzando quello che l’anima ha sedimentato. Ogni artista ha pensieri nascosti che non rivela a nessuno se non a se stesso, talvolta neppure a se stesso.
Chiuso nel suo “laboratorio” Di Zio può così ricordare e reinventare nelle infinite variabili della materia che si arrende al suo volere. E in questo scegliere la memoria affiorano piaceri provati sui testi antichi e nei musei, risvegliati e nuovamente esplorati con sensibilità e delicatezza. Nelle sue opere balzano evidenti infatti le riprese e la sfida con il passato che l’artista ha innovato
|